MADONNA - GLAMOUR E BELLEZZA NON GARANTISCONO LA FELICITA'

Di fronte a tanto divismo, diventa quasi difficile concentrarsi sul film fuori concorso, W. E., che la popstar-regista porta alla Mostra. La pellicola racconta la vicenda di Wallis Simpson, l'americana pluridivorziata (sullo schermo la interpreta Andrea Riseborough) per cui il re inglese Edoardo VIII (James D'Arcy) abdicò. Ma il caso viene rievocato attraverso la New York di fine anni Novanta, dove la bella e infelice Wally (Abbie Cornish), ossessionata dalla sua quasi omonima, cerca di ritrovare se stessa. Anche attraverso il rapporto con una bodyguard russa (Oscar Isaac). L'accoglienza alla proiezione stampa di questa mattina, però, non è stata entusiastica: applausi sì, ma tiepidi; e la senzazione di un'opera troppo patinata e un po' fredda. Subito dopo, però, l'autrice - capelli biondi sciolti sulle spalle, castigato abito scuro con colletto bianco - viene accolta con un'ovazione in conferenza stampa.

Il meglio, però, Madonna lo dà nel pomeriggio, nell'incontro ristrettissimo che concede nel privé dei Venice Movie Stars, al terzo piano dell'hotel Exclesior. Rilassata, guarda in faccia con attenzione l'interlocutore, e risponde con precisione alle sue domande.

Cosa la ha attratta, nella storia di Wallis ed Edoardo?
"Sono stata emotivamente coinvolta dalla vicenda di un uomo che per amore rinuncia a tutto".

E lei rinuncerebe, per amore, alla sua attività?
"Per chi? Per un uomo? Per una donna? Diciamo che penso di poterli avere entrambi... anzi tutti e tre!" (ride).

Lo stile del film è patinato...
"Quello di Wallis ed Edoardo era un mondo di bellezza e di decadenza, ho cercato di renderlo al meglio. E anche nella parte moderna della storia ho voluto un ambiente con queste caratteristiche: molto glamour, gente che respira un'aria un po' rarefatta. Ma il glamour, e la bellezza, non garantiscono affatto la felicità".

Sente parallelismi tra la vita di Wallis e la sua?
"Non so in percentuale quanto questo film sia personale. Ma in parte mi identifico con lei: quando si diventa una celebrità, un personaggio pubblico, la gente tende a ridurti a un nome, a un suono che esce dalla bocca, a cui si danno alcuni attributi o giudizi. Il film affronta proprio il tema del culto della celebrità: le persone famose, paradossalmente, sono le meno conosciute. Di Wallis sento vicine la tenacia, l'essere ricca di risorse, la forza fisica (era capace di non mangiare per una settimana, prima di una cena). Era un'avventuriera, che prendeva in giro un ambiente, il suo, dove contavano solo ricchezza e magrezza. E come lei tutti noi sperimentiamo la sensazione di essere ousider: come cittadine in un paese straniero, come donne, come esseri umani. Un grande senso di solitudine".

Sua figlia maggiore, Lourdes, è adolscente ma già una celebrità. Come mamma questo la preoccupa?
"Ovviamente sì. Da anni cerco di educarla spiegandole che la fama è solo il riflesso della nostra attività artistica: il lavoro è lo scopo, il successo solo un riflesso. A tutti i miei quattro figli voglio insegnare che non importa ciò che si fa, ma l'impegno con cui lo si fa. Certo l'adolescenza è un periodo confuso per tutti; ma credo che mia figlia abbia imparato che quello che legge sulle riviste non è la verità, o ne è solo una parte".

La sua spiritualità, la sua rircerca interiore, l'hanno aiutata sul set?
"Quando si gira un film bisogna avere tanta forza, sia d'animo che mentale. Si è come il capitano di una nave: bisogna andare avanti qualsiasi cosa accada. E per fare questo, è vero, è necessaria molta spiritualità. Ma se intende che arrivata qui a Venezia ho pregato o mi sono imposta restrizioni, no".

Il film parla anche d'amore, naturalmente.
"L'amore è l'essenza stessa di Dio, la forza intangibile che ci muove tutti, senza la quale non esisteremmo. E' qualcosa di impossibile da banalizzare".

Uno dei temi della storia è anche il desiderio di maternità.
"In quanto donna, so che avere un figlio è una parte fondamentale del nostro essere. Appartiene al nostro dna, a ciò che siamo. Credo che Wallis avrebbe voluto un figlio, che l'abbia sempre rimpianto. E' un bisogno che viene dal nostro profondo desiderio di esercitare una forza creatrice".

Cinema e musica: mondi diversi o simili?
"Ho amato il cinema da sempre, da bambina, sapevo che avrei voluto fare film. Ma sia che si scriva una canzone, sia che si giri una pellicola, si racconta comunque una storia: il percorso in fondo è lo stesso. Ho cominciato come ballerina, sono diventata cantautrice e performer: nei miei video e nei miei show mi sono sempre espressa visualmente. Dover curare tutti i dettagli di un concerto, dalle coreografie ai costumi, mi ha preparata al cinema".

I suoi ex mariti, Sean Penn e Guy Ritchie, l'hanno influenzata come cineasta?
"Sono attratta da persone creative, per questo li ho sposati. Entrambi mi hanno incoraggiato nella mia carriera filmica e mi hanno ispirato. Essere stata insieme a un regista (Ritchie, ndr) mi intimidiva: ora però ho potuto riprendere a fare cinema".

C.Morgoglione - La Repubblica - Settembre 2011

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